Il Liscio: musica da festa

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Il liscio è musica della festa, il suo essere suono pensato per il ballo, fraseggio che trova la sua identità solo al centro della pista da ballo, lo hanno fatto diventare, nel corso dei decenni, la colonna sonora della scoperta del tempo libero da parte di classi sociali la cui esistenza sembrava fatta esclusivamente di meccanismi lavorativi. Invece, portare nelle aie, nelle campagne, le melodie briose delle polke, delle mazurke, lontano dalle corti della Mitteleuropa, nel cuore della tradizione e della civiltà contadina della Romagna, ha contribuito a trasformare un territorio e creare una nuova sensibilità sociale, basata sull’idea che tutti hanno diritto all’edonismo.

Così le balere sono state, e sono anche oggi,  una parte integrante del panorama, una in ogni paese, che fosse una stanza in una casa del popolo, una sala di un circolo o, a volte, una costruzione nata proprio per accogliere le folle, sempre più numerose, dei ballerini. Fare festa, incontrarsi, socializzare, conoscersi e, in tanti casi, sposarsi e passare dal liscio al creare una famiglia, è stata una costante, specie dal dopoguerra in poi.

Con la dilagante cultura del dancing nelle località balneari, con le orchestre guidate da personalità entrate nell’immaginario collettivo, pensiamo al sassofonista Germano Montefiori, il ‘Charlie Parker di Romagna’, musicista capace di virtuosismi da scuola del jazz, che con le loro formazioni accompagnavano le star della musica leggera quando erano ospiti dei locali e che passavano con disinvoltura dalle mazurche allo swing. Iniziando a definire lo spirito di una terra che, con il fenomeno delle discoteche, che ha avuto il suo apice negli anni 90, è diventata, per un periodo, il riferimento internazionale di quella che è stata definita ‘club culture’.

In questa avventura il liscio ha avuto un ruolo decisivo, l’attesa per la serata nelle balere si riempiva con il tempo passato per la preparazione dell’immagine, il trucco, l’abito più adatto, un rito che finalmente riguardava diverse classi sociali e non solo quelle ‘alte’, l’eleganza come ‘diritto’ e il desiderio di vivere per alcune ore immersi in una realtà parallela a quella della vita di ogni giorno.

Una realtà fatta di corteggiamento, seduzione, ore a consumare le suole delle scarpe volteggiando seguendo il ritmo dell’orchestra. Una festa per il corpo e per la mente, chilometri in auto per raggiungere la sala dove si esibiva la propria orchestra preferita, a volte con tutta la famiglia, genitori e figli uniti dalla passione per il valzer. Legami strettissimi con i musicisti, che sono amici e parenti a quali veniva riconosciuto un potere persino ‘terapeutico’, quello di guarire, di alleviare le sofferenze, di regalare sorrisi e illusioni. Per sentirsi regine e re per una notte.

Abbiamo sempre più bisogno del liscio, una musica che, con la sua leggerezza (unita a un grande rigore esecutivo), ci prende per mano e ci porta nel cuore della danza, ci fa immergere in quello che il musicologo inglese David Toop ha definito un “Oceano di suono”.

Un flusso di emozioni e di balli, l’anima della festa.

E quindi proprio a suon di Liscio che vi auguriamo buone feste e un altro anno ricco di musica e tradizione!

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Circa l'autore

Pierfrancesco Pacoda

Critico musical e saggista, si occupa in particolare delle relazioni tra il suono e le trasformazioni sociali. Ha curato i testi di Tòtt a Balèr, insieme a Paolo e Marco Marcheselli sulla vita e l'arte di Leonildo Marcheselli. Scrive sul Resto del Carlino

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