Intervista a Orfeo Bossini dei Violini di Santa Vittoria

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È la storia di una comunità culturale, quella dei violini di Santa Vittoria. La storia di come la musica possa diventare segno identitario, occasione di crescita e di dialogo generazionale. Un microcosmo che ha attraversato le epoche e che mantiene la sua vitalità grazie all’Ensemble dei Violini di Santa Vittoria, nato nel 2014.

Orfeo Bossini, è violinista del gruppo e autore dei testi dello spettacolo Denominazione d’ Origine Popolare, che racconta la storia dei Violini di Santa Vittoria

I: Bossini, Santa Vittoria di Gualtieri è un piccolo paese nella campagna Reggiana. Ma è soprattutto la Città dei Cento Violini

“Si, il nucleo abitativo si sviluppò nell’800 grazie a una piccola rivoluzione industriale di un nobile con una visione imprenditoriale. Il Conte Greppi impiantò qui, dove non esisteva nulla, una azienda agricola per la coltivazione del riso in maniera intensiva. Una realtà che si sviluppò intorno al suo palazzo che, in breve tempo, divenne il centro di una esperienza di politica agraria di grande successo. Una struttura di concezione moderna, che attirò qui tantissimi braccianti, che fecero nascere il  primo nucleo di Santa Vittoria”

I: Braccianti che diedero vita alle prime formazioni musicali

“Si trattava di piccole orchestre che, quasi sempre, erano espressione dello stesso nucleo famigliare. Per loro, ma soprattutto per i loro figli, suonare uno strumento era un occasione di riscatto. Molti di loro si iscrissero al Conservatorio, nobilitando così la musica creata dai padri. Questi musicisti suonavano nelle feste, facevano ballare dopo le dure ore di lavoro nei campi, con un repertorio vastissimo, basato sui balli di coppia. Si iniziò con la tradizione mitteleuropea, per passare poi a tanghi e ai foxtrot”

I: Quali erano gli autori più eseguiti?


“L’aspetto più interessante dell’esperienza dei Violini di Santa Vittoria era che i gruppi eseguivano musiche originali, create proprio per quell’ensemble. In particolare la famiglia Bagnoli conserva una importante raccolta di spartiti sui quali si basano le nostre esecuzioni”

I: Dove si esibivano le formazioni di Santa Vittoria?

“Ovunque, esisteva una vera rete di orchestre che si spostavano in base alle richieste. Dalle balere, delle quali tutta la regione era disseminata, alle feste patronali e alle sagre. Se pure in un’area limitata, viaggiavano moltissimo, spostandosi in bicicletta. I concerti, come dicevo, si basavano sulle composizioni originali, intervallate dalle arie, dalle opere liriche, conosciutissime e molto amate dal pubblico”

I: E Santa Vittoria diventa “La città dei cento violini”

“Si, nel momento di maggior splendore, su una popolazione di circa 2.000 abitanti, c’erano più di 120 musicisti. Una diffusione capillare, un fenomeno unico, non solo in Italia”

I: Cosa rimane, oggi, di questa esperienza?


“Rimane un patrimonio vastissimo di spartiti, in buona parte ancora da catalogare e da salvare. Noi lavoriamo a stretto contatto con la famiglia Bagnoli, proprio per recuperare il materiale inedito, che ri-arrangiamo e proponiamo dal vivo con la nostra formazione. Sono musiche di grande valore artistico, che testimoniano una importante biodiversità culturale che adesso contribuisce alla campagna per il riconoscimento delle musiche da ballo della Regione Emilia Romagna come Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO”

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Circa l'autore

Pierfrancesco Pacoda

Critico musical e saggista, si occupa in particolare delle relazioni tra il suono e le trasformazioni sociali. Ha curato i testi di Tòtt a Balèr, insieme a Paolo e Marco Marcheselli sulla vita e l'arte di Leonildo Marcheselli. Scrive sul Resto del Carlino

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