Il Fondo Marcheselli

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C’è una foto, utilizzata per la copertina del libro Tòtt a balèr. La Filuzzi e Leonildo Marcheselli, una storia emiliana (Minerva, 2011), che ritrae Leonildo Marcheselli (1912-2005) con il suo trio, in concerto in Piazza Maggiore, che trasmette una energia vibrante, riesce a investire e sedurre, come se fosse il flusso della musica, chi la guarda. Evocando il piacere di una serata di filuzzi sotto le stelle, indimenticabile per chi c’era. Il virtuoso dell’organetto bolognese, l’orchestrale di Longara Calderara di Reno ha reso celebre, soprattutto nel dopoguerra, il suono identitario delle balere cittadine, con una fama riconosciuta non solo dalle folle che riempivano, sempre, i luoghi dove suonava, ma anche dagli accademici, come l’etnomusicologo Roberto Leydi, che curò una raccolta del suo lavoro, “La tradizione del liscio in Emilia e Romagna”. Dopo la scomparsa, avvenuta nel 2005, il suo vastissimo lascito, curato e inizialmente catalogato dai figli Marco e Paolo, musicisti anche loro e per un periodo componenti dell’Orchestra del padre, è stato diviso in tre diversi fondi: uno a Roma e gli altri due a Bologna.

“Il primo”, racconta Paolo Marcheselli, “riguarda la grande mole di dischi lasciati da Leonildo, una collezione vastissima, che attraversa e documenta l’età d’oro della musica da ballo bolognese, quella eseguita nella formazione più famosa, il trio, guidato dal suono inconfondibile degli organetti che la famiglia Biagi costruiva artigianalmente”

I vinili, che sono stati tutti digitalizzati, sono conservati a Roma presso la Discoteca di Stato. Come recita il sito dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi, ”La donazione si articola in 150 supporti, divisi in 61 dischi a 78 giri, 75 dischi a 45 giri e 14 dischi a 33 giri. Leonildo Marcheselli è unanimemente considerato il più alto esempio musicale di ballo liscio alla Filuzzi e la raccolta delle sue incisioni discografiche costituisce una preziosa fonte di documentazione offerta agli studiosi di questa particolare variante di uno degli stili di musica e di ballo più popolari del nostro paese”

Sono invece conservati a Bologna altri due importanti lasciti, utili per rivivere l’avventura artistica del suonatore di organetto, ma anche per ‘leggere’ le profonde trasformazioni di un territorio che passava dalla civiltà contadina all’industrializzazione. Nel 2016 è stato costituito presso la Biblioteca dell’Archiginnasio un Fondo Marcheselli, con materiali e oggetti che testimoniano lo sviluppo della sua carriera. Ci sono i tanti spartiti che utilizzava per il suo lavoro, non solo legati alla filuzzi, molti di sue composizione e autografati, ma anche pagine di musica sacra, opere liriche, musica classica, a testimoniare la sua capacità di interpretare ogni possibile genere, passando dal colto al popolare, la corrispondenza con la sua casa discografica, la Durium e con la fabbrica di fisarmoniche Gino Giustini per la costruzione di uno strumento. Precedentemente, nel 2009, è stata donata alla Cineteca di Bologna una ampia raccolta di fotografie, contenuta nell’archivio “Bologna fotografata”, che ritraggono Marcheselli durante i concerti con il suo trio o insieme a cantanti come un giovanissimo Gianni Morandi. Un patrimonio unico, che ci racconta  quanto il ballo e la musica fossero, allora come adesso, elemento centrale nelle pratiche di socialità.

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